 20 giugno 2002 Scarampella, un maestro bresciano Il genio della liuteria di Giovanna Capretti
«Carpentiere per necessità, liutaio per passione»: storia d'un maestro della grande tradizione lombarda: i suoi strumenti sono tra i più quotati della produzione tra '800 e '900. |  |
Carpentiere per necessità, liutaio per passione. Talmente intensa, questa passione, che i suoi strumenti sono considerati ora tra i migliori e più quotati della produzione italiana tra Otto e Novecento. La sua attività, tra Brescia, sua città natale, e Mantova, contribuì alla rinascita di un'arte, che, dopo la grande stagione contraddistinta dai nomi di Gasparo da Salò, dei Guarneri e degli Stradivari, si era quasi completamente perduta. E la mostra, che Brescia si accinge a dedicare a Stefano Scarampella (ne parliamo in dettaglio sopra, in questa stessa pagina) intende essere non solo un dovuto risarcimento ad una figura che finora è rimasta sconosciuta al grande pubblico, ma anche un punto di partenza per la riscoperta della grande tradizione della liuteria locale. Nato a Brescia nel quartiere di Sant'Alessandro nel 1843 - come si legge nell'opera dello studioso Eric Blot intitolata «1860-1960 - Un secolo di liuteria italiana», Stefano Scarampella apprende dal padre Paolo, liutaio dilettante, l'arte della costruzione degli strumenti ad arco. La nostra città di Brescia aveva dimenticato da tempo la grande tradizione dell'arte liutaria: da quando la peste del 1630 aveva decimato gli abitanti, e con essi anche gli eredi di Gasparo da Salò. Tant'è vero che il fratello minore di Stefano Scarampella, Giuseppe, per esercitare la professione di liutaio si recò in Francia a studiare l'arte nella bottega di Nicolò Bianchi, grazie alla «raccomandazione» del musicista bresciano Antonio Bazzini. Se Giuseppe Scarampella riuscì a fare carriera, divenendo poi curatore della collezione dei musei fiorentini e specializzandosi nel restauro, Stefano ebbe invece una vita molto più travagliata. Nel 1886, vedovo di Rosa Panada e con due figli a carico, lo troviamo impegnato come carpentiere nella costruzione della linea tramviaria a vapore Ostiglia-Mantova-Brescia. Residente a Mantova, il nostro personaggio cambia spesso abitazione, e probabilmente, almeno nei primi tempi, dedica all'attività di liutaio solo i ritagli di tempo che gli rimangono dopo il lavoro pesante. È solo nel 1890, quando Stefano ha ormai quasi sessant'anni, che intraprende la professione di liutaio, prima ancora in maniera dilettantesca, poi specializzandosi sempre di più, fino ad ereditare, nel 1902, alla morte di suo fratello, attrezzi, modelli e ricette di vernice, che gli permetteranno di esercitare l'attività ad alto livello. Si muove tra Brescia e Mantova (dove morirà nel 1925) come testimoniano le etichette apposte sugli strumenti, sulle quali spesso egli continua a definirsi «fratello ed allievo di Giuseppe», quasi a sottolineare - in maniera un po' schiva - il debito di riconoscenza verso quello che considerava il vero professionista di famiglia. Fino al 1915 lo Scarampella produce una rilevante quantità di opere, richiestissime e da subito copiate, a testimoniare l'apprezzamento e la qualità dei suoi strumenti, che attualmente sono tra i più quotati dell'epoca. Nelle fotografie di quegli anni, lo vediamo in bottega, il sigaro sotto i baffoni, impegnato a rifinire uno strumento oppure ad intagliare la «chiocciola», secondo lo stile vigoroso che lo contraddistingue, o ancora in posa accanto ad un violino appena ultimato. Dal 1919 lo affianca l'allievo Gaetano Gadda, mantovano, che resterà con lui fino alla morte ed erediterà i suoi attrezzi e i suoi modelli. In un'epoca, la fine dell'Ottocento, in cui la liuteria italiana viveva un momento di crisi e subiva la concorrenza della produzione semi-industriale delle grosse botteghe francesi e tedesche, l'attività di Stefano Scarampella riesce a recuperare, forse in maniera inconsapevole, il carattere della grande tradizione nostrana. «I suoi strumenti testimoniano la sua genialità e una spontaneità espressiva che ha il suo uguale soltanto in Guarneri del Gesù (in un'altra epoca)», si legge nel volume di Blot. «I modelli che prediligeva furono quelli creati dal fratello o da lui stesso; questi sono ispirati a quelli antichi mantovani (Dallaglio o Balestrieri), ma anche al modello Guarneri del fratello, comunque inconfondibili, lavorati con più o meno cura ma sempre con molta espressività...». «La chiocciola è anch'essa di taglio molto personale e caratteristico, scolpita con molta spontaneità, ma che lascia sempre una impressione di grande forza, ed è sicuramente la parte che aiuta a distinguere i suoi strumenti dalle copie perchè è di difficile riproduzione», spiega ancora lo studioso. «La vernice è molto bella e varia da un bel colore arancio bruno abbastanza chiaro al rosso brillante su fondo giallo. La sgusciatura è irregolare e appena accennata ma sempre presente, le bombature sono piuttosto piene e si estendono fino al filetto», si legge ancora in quel testo. Si tratta di opere d'arte, quindi, che dalle mani del carpentiere-liutaio di origine bresciana sono passate in quelle di collezionisti e di musicisti, dove continuano anche oggi ad esprimere il loro suono impeccabile.  20 giugno 2002 Violini, viole e altri capolavori sulle corde
L'opera di Stefano Scarampella rivivrà in città in una mostra che sarà allestita nel salone Vanvitelliano della Loggia dal 6 al 12 ottobre prossimi [la sede e le date della manifestazione sono poi cambiate, ndr]. Si potranno ammirare una ventina di preziosi strumenti, tra violini, viole e violoncelli: una decina di produzione di Stefano Scarampella provenienti da musei e collezioni private di Europa e Stati Uniti, ed altri realizzati dal fratello Giuseppe e dal maestro di quest'ultimo, Nicolò Bianchi, oltre che da allievi di Stefano Scarampella come Gaetano Gadda, Mario Pivetta e Oreste Martini. Ma gli strumenti potranno essere anche ascoltati, nel corso di tre conferenze-concerto: il 6 ottobre Eric Blot, presidente del comitato scientifico, introdurrà la mostra parlando di «Paolo, Giuseppe e Stefano Scarampella», accompagnato da un concerto del violinista Sergiu Luca; l'11 ottobre Ugo Orlandi interverrà sul tema «L'altra liuteria: la tradizione degli strumenti a corda pizzicata a Brescia e in Lombardia», con un concerto dell'orchestra Città di Brescia diretta da Claudio Mandonico con il violinista Glauco Bertagnin; il 12 ottobre Ottavio De Carli parlerà di «Antonio Bazzini, musicista bresciano ed europeo», con un concerto del Quartetto Milan con musiche di Bazzini. La mostra sarà corredata da un percorso a tema nelle collezioni del Museo della città di Santa Giulia, dove sono custoditi una spinetta dell'Antegnati, un contrabbasso di scuola bresciana del XVI-XVII secolo, un liuto basso di Pietro Reilich del 1641 e un arciliuto di Magno Tieffenbrucker. L'iniziativa è promossa dal Comune, in collaborazione con l'associazione Officina Musicale di Brescia e l'Ateneo di Scienze, Lettere e Arti, ed è patrocinata dall'Associazione mandolini e chitarre Città di Brescia, dalla Fondazione Civiltà Bresciana, dalla Fondazione Romano Romanini, dal Museo musicale bresciano e dal Centro studi strumenti musicali bresciani.  19 settembre 2002
Un prezioso strumento ai Civici Musei Scarampella e il violino bresciano di Egidio Bonomi 
Un prezioso violino di proprietà del Comune di Brescia è stato «scoperto», nel senso che gli esperti hanno potuto attribuirgli l'esatta paternità. Lo strumento, conservato nel Civici Musei, è opera del liutaio bresciano Stefano Scarampella, che lo «creò» nel 1904. Proprio nel prossimo mese d'ottobre, dal 3 al 13, il Museo di Santa Giulia ospiterà la mostra su Stefano Scarampella, nel corso della quale si potrà ammirare anche il violino in questione. La segnalazione sullo strumento è venuta dal liutaio bresciano Ugo Ravasio, studioso e ricercatore della liuteria antica bresciana, la quale, è ormai assodato, era ben superiore a quella ora più rinomata di Cremona. Ravasio ha provocato l'interessamento del maestro Eric Blot, specialista della liuteria sette-ottocentesca, nonché presidente del comitato scientifico della stessa mostra su Scarampella, il quale ha confermato, senz'ombra di dubbio, che il violino è frutto dell'ingegno del liutaio bresciano. La notizia assume maggior rilievo se si pensa a ciò che resta del nucleo antico degli strumenti di proprietà comunale, ancora in attesa di studi approfonditi e di chiarire le molte vicissitudini legate alla loro storia. Per questo non pare esercizio vano ritornare sul tempo e «raccontare». Bisogna risalire al 1862, quando Carlo Venturi, scienziato e musicofilo, per lascito testamentario, destina buona parte degli strumenti di sua proprietà e degli averi alla creazione d'un Civico Istituto Musicale bresciano. Era l'avvio del glorioso Istituto Venturi, oggi conservatorio cittadino. Facevano parte della donazione strumenti pregiatissimi di celebri autori come Gasparo da Salò, Maggini, Amati e Stradivari. L'esecutore testamentario, però, vende in blocco gli strumenti più preziosi per annullare alcune pendenze. Ciò provoca le sdegnate reazioni di noti esponenti della vita cittadina (i Franchi ed i Lechi, peraltro tra i fondatori dell'Istituto Filarmonico), ma non si riesce a riportarli a Brescia. Il patrimonio di strumenti a partiture avrà ugualmente una sua consistenza grazie a donazioni, lasciti ed a qualche oculato acquisto. Tra questi, spiccano due contrabbassi antichissimi, attribuiti nientemeno che a Maggini e Gasparo da Salò, in uso da due secoli nel convento dei Santi Cosma e Damiano di Via Dei Mille, comperati dagli Orfanotrofi e Pie Case di Ricovero. Il contrabbasso Maggini è ora uno dei pezzi più pregiati esposti nella Sala della musica del Museo cittadino. Tra i lasciti è da sottolineatura quello del tenore bresciano Francesco Pasini, che all'inizio del 1900 acquista alcuni strumenti proprio da Scarampella, unitamente ad un cospicuo numero di volumi e manoscritti. Altre donazioni vengono dal conte Alessandro Bettoni e dalle famiglie Lechi e Grassi. Nello scorrere del tempo, però, sono redatti elenchi incompleti degli strumenti, con descrizioni confuse oltre che magre, tanto da ingenerare confusioni sui nomi e sulle provenienze. Nemmeno l'inventario dei beni mobili del Comune, esistenti al 31 maggio 1935 e consegnati a Mario Ruminelli, portano qualche miglior luce sugli strumenti. Tuttavia proprio in quell'inventario sono citati il violino di cui si sta scrivendo, ed una viola di Stefano Scarampella, risalenti al 1902. Si citano pure altri strumenti, risultati poi chiaramente falsi, come il violino con etichetta «Petrus Maggini 1697», ovvero d'un liutaio mai esistito. Altro elenco nel 1972, riferito alla divisione degli strumenti fra Comune e Conservatorio in occasione del passaggio di quest'ultimo allo Stato. Nel frattempo, disgraziatamente, alcuni strumenti erano stati rubati e qualche esemplare più prezioso, sostituito. Un primo, vero censimento, su incarico dell'Assessorato alla cultura, avviene nel 1996, ad opera del prof. Flavio Dassenno, docente del Conservatorio bresciano, ed esperto di strumenti musicali. Degli 85 strumenti citati negli elenchi, ne sono rimasti 70. Bisogna però stabilire con certezza quali gli autentici e quali i falsi. La matassa sembra districabile attraverso l'appena nato Centro studi strumenti musicali bresciani (di cui Dassenno e Ravasio sono consiglieri) che possiede una mole considerevole di documenti tali da consentire catalogazione e collocazione corrette. Da qui la segnalazione ai Civici Musei dell'autenticità del violino di Scarampella. Questo liutaio, nato a Brescia nel 1843, appresa l'arte dal padre, si era poi trasferito a Mantova. Pur di grandissima levatura, firma le sue etichette come fratello e allievo del più celebre fratello Giuseppe, il quale, dopo un periodo a Parigi, a contatto con la miglior liuteria francese, si stabilirà a Firenze e curerà la preziosissima collezione del Conservatorio Cherubini, intervenendo anche sul Quartetto Mediceo, realizzato da Stradivari per il granduca di Toscana. Ora la mostra voluta dall'Amministrazione Corsini intende - anche - rendere giustizia a Stefano Scarampella, pur dando conto dell'attività complessiva della famiglia dei rinomati liutai bresciani.  2 ottobre 2002
Suoni di violini in S. Giulia di Luigi Fertonani 
Violini del liutaio bresciano Stefano Scarampella in mostra a partire da domani e fino al 13 ottobre in Santa Giulia: questo, ma non solo questo, il tema della presentazione di ieri mattina in Loggia. L’iniziativa, come del resto ha detto il sindaco Paolo Corsini, si inserisce in un "risarcimento" della nostra città verso questo artista degli strumenti musicali, vissuto fra il 1843 e il 1925, un liutaio con una produzione abbondantissima che venne ben presto non solo copiata ma anche... falsificata. E strumenti musicali di questo importante liutaio d’ambito novecentesco saranno esposti in Santa Giulia, il museo che già possiede una cinquantina di preziosi strumenti musicali e che tra l’altro ospiterà anche una serie di iniziative legate appunto alla liuteria bresciana. Come ha detto infatti Marco Bizzarini si tratterà non soltanto di un'esposizione, che aprirà alle ore 9.30 di domani in Santa Giulia e che resterà aperta tutti i giorni (tranne il lunedì) fino alle ore 17.30 con ingresso gratuito: infatti alla mostra, che avrà tra l’altro un suo catalogo, verranno affiancate conferenze e concerti. Il primo di questi ultimi è in programma domenica 6 ottobre alle ore 11, appunto in Santa Giulia, con il violinista Sergiu Luca e la bresciana Silvia Bertoletti al pianoforte, che eseguiranno musiche di Bach, Paganini, Dvoràk e Bolcom. Sempre nella stessa giornata Eric Blot, un importante studioso di fama internazionale, parlerà alle 15.30 della mostra appena inaugurata, mentre alle 17 la chiesa di San Cristo ospiterà l’Orchestra di mandolini e chitarre "Città di Brescia" diretta da Claudio Mandonico, con la partecipazione solistica di Glauco Bertagnin al violino e di Ugo Orlandi al mandolino. Giovedì 10 ottobre alle ore 21 Claudio Mandonico e Luisella Conter terranno una conferenza in Santa Giulia sul tema del repertorio per strumenti a plettro di Simone Salvetti, cui seguirà un concerto del Quartetto a plettro "Salvetti"; il 12 ottobre in Santa Giulia verrà presentato l’importante volume «La tradizione bresciana degli strumenti a corda pizzicata» curato da Ugo Orlandi e da Rosa Messora Ligasacchi, e alle 21 nella stessa sede si terrà una conferenza di Ottavio De Carli su Antonio Bazzini, cui seguirà un concerto del Quartetto d’archi "Milan Ensemble".  2 ottobre 2002 Stefano Scarampella, la genialità di un «liutaio per passione» di Giovanna Capretti
Un «risarcimento dovuto» ad un grande ma poco conosciuto esponente della liuteria bresciana, e una «mostra coraggiosa», nell'obiettivo di approfondire scientificamente gli studi su Stefano Scarampella (1843-1925) attivo a Brescia e Mantova tra Otto e Novecento, e protagonista della liuteria italiana di quell'epoca. Proprio per questo la mostra «Stefano Scarampella. Musica e liuteria a Brescia nell'800», che si apre domani (fino al 13 ottobre) al Museo della città di Santa Giulia non sarà solo l'esposizione, curata da Eric Blot, di una trentina di strumenti ad arco da collezioni pubbliche e private italiane e straniere, firmati dal liutaio bresciano, da suo fratello Giuseppe, del maestro di quest'ultimo Nicolò Bianchi, e dai loro allievi. In mostra ci saranno anche documenti storici (a cura di Laura Marcolini) tra cui quello che definisce l'esatta località di nascita di Scarampella: il comune di Sant'Alessandro (l'attuale zona di via Benacense) e non la parrocchia omonima come si credeva. Inoltre, il carteggio tra i due fratelli, relativo a temi di liuteria, ed autografi di Scarampella utili per definire l'autenticità delle etichette apposte sugli strumenti. Uno spazio sarà dedicato all'ascolto di registrazioni storiche tra il 1910 e il 1940 con un programma variato giorno per giorno, e verrà ad affiancarsi a concerti e conferenze, di cui diamo qui accanto l'elenco dettagliato. Una mostra completa ed ambiziosa, quindi, promossa da Officina Musicale e Ateneo di Brescia, con il coordinamento di Filippo Fasser, il supporto di Comune, Civici Musei, Fondazione Cab - Banco di Brescia, e la partecipazione di Fondazione Civiltà Bresciana, Fondazione Romano Romanini, Associazione mandolini e chitarre Città di Brescia, Museo musicale bresciano e Centro studi strumenti musicali bresciani, tutti rappresentati ieri nella conferenza stampa di presentazione accanto ai promotori. «La mostra è un risarcimento dovuto ad un esponente della grande liuteria bresciana - ha sottolineato il sindaco Paolo Corsini -. Come Amministrazione ci impegneremo affinchè questo incontro, come quello dedicato alla "primavera della liuteria bresciana" diventi un appuntamento ricorrente di studio e approfondimento». Il rigore scientifico e il «coraggio» che ha sostenuto l'iniziativa sono stati rimarcati dal coordinatore del progetto, Filippo Fasser: «C'è voluto coraggio per proporre una mostra su un tema considerato "ostico" come quello della liuteria, e per di più ad un personaggio vissuto tra Otto e Novecento. Lo stesso Scarampella è un liutaio importante e difficile, subito imitato e falsificato, e la mostra intende dare un contributo alla conoscenza della sua attività. Ci auguriamo che il coraggio con cui abbiamo affrontato il lavoro - ha concluso - sarà ripagato dalla soddisfazione dei visitatori». Il musicologo Marco Bizzarini, membro del comitato scientifico assieme a Eric Blot, Egidio Bonomi, Federico Fantova, Ugo Orlandi e Luca Ranieri, ha poi approfondito i contenuti dell'esposizione, dedicata sì agli strumenti ad arco degli Scarampella, ma anche all'opera del musicista bresciano Antonio Bazzini (1818-1897), stimato da Schumann, direttore del Conservatorio di Milano e maestro di Giacomo Puccini, e alla tradizione mandolinistica tuttora viva in città. La mostra sarà anche l'occasione per ammirare nel Museo di Santa Giulia - hanno aggiunto la direttrice Renata Stradiotti e Massimiliano Capella - i preziosi strumenti musicali delle collezioni civiche: il virginale pentagonale di Giovanni Francesco Antegnati del 1554, pezzo unico nel suo genere, la tiorba di Magnus Tieffenbrucker del primo decennio del XVII secolo, il liuto basso di Matteo Reilich del 1641 e la viola basso di Giovanni Paolo Maggini dell'inizio del XVII secolo. Non l'occasione per rivendicare un primato bresciano su Cremona rispetto all'invenzione del violino, ha concluso il maestro Mario Conter, presidente della Fondazione Romanini, ma piuttosto un momento di riflessione, da parte di tutti gli interessati, sull'importanza di rilanciare anche nella nostra città lo studio e la tradizione della nobile arte della liuteria.  3 ottobre 2002 Concerti e conferenze a margine dellesposizione sul liutaio Scarampella Archi e mandolini, musica in mostra di Fulvia Conter
«Musica e liuteria a Brescia nell'800», liniziativa culturale dedicata al liutaio Stefano Scarampella promossa dal Comune, dallAteneo e da Officina Musicale, si apre oggi con lesposizione di strumenti ad arco nel Museo della Città di Santa Giulia (fino a domenica 13, dalle 9,30 alle 17,30, lunedì chiuso, ingresso libero), con un corollario di concerti, inaugurati domenica 6 ottobre, alle 11 sempre al Museo, dal violinista rumeno Sergiu Luca con la pianista Silvia Bertoletti. Bello il programma,con musiche di Bach, Paganini, Dvorak e il contemporaneo Bolcom. Sempre domenica alle 17, nella chiesa di San Cristo (via Piamarta 9), lOrchestra di mandolini e chitarre Città di Brescia diretta da Ugo Orlandi con la partecipazione solistica del violinista Glauco Bertagnin e dello stesso direttore al mandolino, offrirà musiche di Mandonico, Romano Romanini, Simone Salvetti, Raffaele Calace, Radames Gnattali e Konrad Woelki. È un programma particolare, teso ad illustrare il panorama anche bresciano (rappresentato, fra laltro, con una rarità del Romanini, violinista e compositore nato a Parma che divenne direttore del nostro Conservatorio, lallora Istituto «Venturi») degli autori del tardo 800 e primo 900 interessati alla musica per strumenti a plettro. Le manifestazioni seguitano sabato 12, alle 11 sempre al Museo, con la presentazione del libro «La tradizione bresciana degli strumenti a corda pizzicata» a cura di Ugo Orlandi e Rosa Messora Ligasacchi, quindi alle 21 con una conferenza di Ottavio De Carli su «Antonio Bazzini, musicista bresciano ed europeo». Il tema è attualissimo e molto interessante. Di Bazzini (1818-1897) sono note soprattutto le attività come grande violinista di livello internazionale, come direttore del Conservatorio di Milano, promotore di organizzazioni dellimportanza e tradizione quali la Società del Quartetto di Milano e la Società dei Concerti di Brescia. Ma ne è in atto la riscoperta come compositore: potè conoscere personalmente i maestri della musica strumentale tedesca (che eseguì), fu ammirato anche da Schumann, si distinse in Italia come docente di composizione (fra i suoi allievi Giacomo Puccini), lasciò musica cameristica di pregio e una sua opera lirica, «Turanda», fu rappresentata alla Scala. Alla relazione seguirà lesecuzione del Quartetto per archi n. 4 di Bazzini da parte del quartetto Milan Ensemble. La rassegna si concluderà domenica 13 alle 11 con un concerto del violinista Francesco De Angelis e del violista Luca Ranieri, interpreti di musiche di Haendel e di Mozart. Tutte le manifestazioni sono ad ingresso libero. [...]ss  6 ottobre 2002 Mostra della liuteria due incontri in musica di Luigi Fertonani
Due sono gli appuntamenti con la musica in programma nella giornata odierna in occasione della mostra di liuteria allestita in questi giorni nel Museo di Santa Giulia e dedicata all’arte del bresciano Stefano Scarampella. Il primo appuntamento è fissato appunto in Santa Giulia a Brescia, in via Musei 81b, dove questa mattina alle 11 si terrà un concerto di violino e pianoforte con Sergiu Luca allo strumento ad arco e con Silvia Bertoletti alla tastiera. Il programma del concerto parte da alcune danze tratte dalla «Partita n. 2 in re minore BWV 1004» di Johann Sebastian Bach cui seguiranno, del genovese Niccolò Paganini, le «Variazioni "I Palpiti" op. 13»; il concerto mattutino si completerò con la «Romanza in fa minore op. 11» di Antonìn Dvoràk e con «Graceful Ghost Rag». Il violinista Sergiu Luca, di origini rumene, ha studiato in Inghilterra, in Svizzera e poi negli Usa al Curtis Institute con Ival Galamian. Ha inciso per la Cbs il Concerto per violino di Sibelius, la sua discografia spazia da Bach a Schumann e Bartòk. La pianista bresciana Silvia Bertoletti, che collabora con la Fondazione Romanini, ha registrato due cd dedicati a Franco Margola. Il secondo concerto legato alla mostra liutaria è in programma oggi pomeriggio alle 17 nella chiesa di San Cristo, in via Piamarta 9, a pochi passi da Santa Giulia. Suoneranno per l’occasione l’Orchestra di mandolini e chitarre "Città di Brescia" sotto la direzione del maestro Claudio Mandonico, che oltre ad essere direttore è anche un apprezzato compositore; suo è infatti il pezzo d’apertura con l’Ouverture tratta dal «De Nativitate Oratorium» che si rifà all’Ave Maria per soprano e harmonium di Giuseppe Sartori; suoneranno Stefania Maratti a Marina Maccabiani al flauto, Marina Ferrari e Alessandro Hrobat al mandolino, Marcello Marzaroli alla mandola e Alessandro Bono alla chitarra. Di Romano Romani, bresciano d’adozione, verrà quindi proposta la «Danse à la Gavotte» per orchestra a plettro, di Simone Salvetti il «Sogno bizzarro» dedicato dall’autore al Circolo mandolinistico "Costantino Quaranta", quindi due tempi del «Concerto in la minore per mandolino e pianoforte» del napoletano Raffaele Calace, con Guido Rizzardi allo strumento a pizzico. Seguiranno ancora la «Suite Retratos per mandolino, chitarra, cavaquinho, percussioni e orchestra» di Radames Gnattali (Ugo Orlandi al mandolino, Alessandro Bono alla chitarra, Pietro Ragni al cavaquinho e Alberto Pezzagno alle percussioni) per concludere questo ampio pomeriggio musicale in San Cristo con il «Concerto per violino, due flauti e orchestra a plettro» di Konrad Wölki. Ingresso gratuito.  8 ottobre 2002 Successo di pubblico ai concerti in Santa Giulia e in San Cristo La domenica dei liutai di Luigi Fertonani
Ben due gli appuntamenti musicali di domenica, legati alla mostra liutaria in pieno svolgimento a Santa Giulia e dedicata al bresciano Stefano Scarampella. Il primo si è tenuto domenica mattina alle 11 in una saletta attigua all’esposizione degli strumenti musicali in Santa Giulia. Certo gli organizzatori non si aspettavano un’affluenza così massiccia per il concerto del violinista rumeno Sergiu Luca e della pianista bresciana Silvia Bertoletti. Molto bello il programma, iniziato con una parte significativa (ma che non comprendeva la celebre Ciaccona) della «Partita n. 2 per violino solo BWV 1004» di Bach, nel corso della quale Sergiu Luca ha dato un’ottima interpretazione, quasi "dolorosa" della bellissima Sarabanda; molto applauditi anche gli altri pezzi per violino e pianoforte, l’articolata «Romanza op. 11» di Dvoràk e soprattutto il carezzevole Ragtime di William Bolcom, nel quale Sergiu Luca e Silvia Bertoletti hanno sottolineato un clima particolare, quasi latinoamericano, che stava fra quello dei Salonisti e il calore di Piazzolla. L’altro concerto si è tenuto nel pomeriggio di domenica a San Cristo, e anche stavolta il bellissimo tempio si è riempito di pubblico per ascoltare l’orchestra di mandolini e chitarre "Città di Brescia" diretta da Claudio Mandonico. È stato un concerto interessante, che si è aperto con un pezzo dello stesso Mandonico, l’Ouverture dal «De Nativitate Oratorium» già ascoltato in San Faustino a Brescia, nel quale sono emerse le belle parti solistiche affidate ai flauti di Stefania Maratti e Marina Maccabiani, ai mandolini di Marina Ferrari e Alessandro Hrobat, alla mandola di Marcello Marzaroli e alla chitarra di Alessandro Bono. Fra i pezzi di notevole importanza la raffinata, gradevolissima «Danse à la gavotte» che Romano Romanini aveva scritto per orchestra a plettro, e poi il grazioso «Sogno bizzarro» di Simone Salvetti, due tempi di un Concerto di Raffaele Calace e soprattutto la bella serie di «Ritratti» di Radames Gnattali, con la partecipazione di Pietro Ragni al curioso cavaquinho, un particolare mandolino portoghese. Molto bello il finale, con la partecipazione dell’ottimo violinista Glauco Bertagnin per il «Concerto per violino, 2 flauti e orchestra a plettro»di Konrad Wölki, massacrato però dalla gragnuola di intempestivi applausi del pubblico. Claudio Mandonico ha proposto in bis una bellissima «Reverie» di Antonio Bazzini. Luigi Fertonani  9 ottobre 2002 Il violinista Sergiu Luca gran protagonista dei concerti in S. Giulia in occasione della mostra sui liutai Un virtuoso per Stefano Scarampella Pubblico internazionale, con notevole affluenza di americani e giapponesi, per la mostra di liuteria su Stefano Scarampella allestita in questi giorni al Museo di Santa Giulia per iniziativa del Comune, dellAteneo e dellOfficina Musicale. La manifestazione sta richiamando non solo il pubblico degli specialisti, ma anche numerosi appassionati.
Lintera giornata di domenica, è stata animata da una densa serie di appuntamenti. In mattinata il violinista statunitense dorigine rumena Sergiu Luca è stato gran protagonista, con la pianista Silvia Bertoletti, di un affollato concerto. Dopo lintensa esecuzione di quattro brani dalla Partita in re minore di Bach per violino solo, Luca ha dato dimostrazione di un alto virtuosismo e di splendide qualità sonore con la lirica Romanza op. 11 di Dvorak, il seducente «Graceful Ghost Rag» di Bolcom e le acrobatiche variazioni paganiniane sul tema «I palpiti». Lungamente applaudito, lartista ha concesso un bis bachiano. Nel pomeriggio, lo storico della liuteria Eric Blot, curatore dellesposizione, ha illustrato in dettaglio, davanti ad unattenta platea, le tipologie morfologiche degli strumenti di Stefano Scarampella, un liutaio atipico nel panorama europeo tra 800 e 900, ma oggi sempre più apprezzato da un significativo numero di concertisti e di collezionisti. Originale interprete del modello Guarneri, il bresciano Stefano Scarampella raggiunse una straordinaria spontaneità espressiva e per questo motivo divenne uno dei liutai più copiati e falsificati nel Novecento. Lultimo appuntamento di domenica, alla presenza ancora una volta di un pubblico assai folto, è stato un concerto nella chiesa di S. Cristo con lorchestra di mandolini e chitarre Città di Brescia diretta da Claudio Mandonico. Interessante ed originale il programma, con brani di Romanini, Salvetti, Calace (assai brillante la prova solistica della mandolinista Miki Nishiyama), Gnattali e Woelki, compositore di cui il violinista Glauco Bertagnin ha eseguito il pregevole Concerto per violino, due flauti e orchestra a plettro. La mostra su Scarampella e la liuteria bresciana rimarrà aperta, sempre a ingresso libero, fino a domenica 13 ottobre. Prossimi concerti in programma, domani, giovedì 10 ottobre, ore 21, con il Quartetto Salvetti (le composizioni da camera per strumenti a plettro di Simone Salvetti 1870-1932); sabato 12, ore 21, col Quartetto darchi Milan (Antonio Bazzini, musicista bresciano ed europeo) e domenica 13, ore 11, col violinista De Angelis ed il violista Ranieri (concerto conclusivo). Sabato 12, alle ore 11, sarà presentato il libro «La tradizione bresciana degli strumenti a corda pizzicata».  10 ottobre 2002 La riscoperta del violinista bresciano Antonio Bazzini, l'anti-Verdi amato dai tedeschi di Marco Bizzarini Le manifestazioni sul liutaio Stefano Scarampella in corso nel Museo della Città di Santa Giulia prevedono, oltre allesposizione di preziosi strumenti ad arco, un significativo omaggio al violinista e compositore bresciano Antonio Bazzini (1818-1897). Domenica 12 ottobre, alle 21, il musicologo Ottavio De Carli terrà una conferenza sul compositore; seguirà lesecuzione del Quartetto darchi n. 4 ad opera del Milan Quartet.
Nella seconda metà dellOttocento lo scenario musicale dellItalia postunitaria ebbe due illustri protagonisti: Giuseppe Verdi e Antonio Bazzini. Mentre del primo si sa ormai quasi tutto, del secondo è sicuramente opportuno tracciare un profilo.
Bazzini fu violinista di fama europea, compositore di spicco, docente e infine direttore del Conservatorio di Milano. Laccostamento, o per meglio dire, la contrapposizione Verdi-Bazzini, benché audace, ha in realtà solide basi storiche. Essa fu proposta una ventina danni fa dal musicologo concittadino Claudio Sartori in unilluminante monografia intitolata Lavventura del violino: lItalia musicale dellOttocento nella biografia e nei carteggi di Antonio Bazzini (Torino, Eri, 1978). Ignorare loperato di Bazzini significherebbe non comprendere fino in fondo la via al rinnovamento del gusto strumentale italiano, sbandierato prima da Martucci e Sgambati, quindi dai compositori della cosiddetta generazione dell80: Respighi, Casella, Malipiero. Era una via che passava necessariamente dallo studio dei grandi compositori tedeschi, da Bach a Beethoven, da Mendelssohn a Schumann, proprio nel momento in cui Verdi, al contrario, sosteneva che «se gli artisti del Nord e del Sud hanno tendenze diverse, è bene sieno diverse!» (lettera ad Hans von Bülow del 14 aprile 1892). Che Bazzini fosse orgoglioso dei propri ideali artistici, certo contro corrente nellItalia del tempo, si comprende leggendo una sua lettera indirizzata al caro amico e pianista concittadino Gaetano Franchi il 25 marzo 1874: «È probabile la pubblicazione del mio secondo Quartetto darchi a Lipsia, che mi fu chiesto dalleditore Leuckart; se ciò succede sarò il solo italiano (moderno) che abbia avuto lonore di essere ammesso fra quei signori come compositore di musica classica; e siccome non sono io che ho cercato leditore, ma egli che chiede lopera mia, così la cosa riescirebbe più onorifica». Una missione assai difficile quella scelta dal Bazzini maturo, uomo che si era lasciato alle spalle una splendida carriera di concertista in Germania, Francia, Spagna, Danimarca e Polonia per dedicarsi - come scrive Sartori - «alleducazione del pubblico italiano con lesecuzione di un repertorio spesso difficile e insueto». Questopera di educazione, questa crociata contro il dilagante analfabetismo musicale, si svolse principalmente in due città, a Brescia e a Milano, dagli anni 60 dellOttocento in poi. Per Brescia, come Bazzini aveva scritto in una lettera del 1864 a Gaetano Franchi, era della massima urgenza istituire una scuola di musica, «sotto pena di suicidio musicale completo, se non si applica presto codesto rimedio». Tale progetto fu realizzato subito dopo la morte di Antonio Venturi, musicologo, violinista dilettante e benefattore, che aveva legato al municipio bresciano gran parte delle sue sostanze per creare un istituto musicale intestato a suo nome ed in grado di impartire gratuitamente listruzione della musica. Una seconda iniziativa, anchessa destinata a vita secolare, fu la costituzione di un sodalizio per promuovere esecuzioni musicali di qualità. Nacque così, con incredibile rapidità, la Società dei Concerti di Brescia, che poté varare la sua prima stagione fin dallanno 1868. Lo stesso Bazzini ne assunse la presidenza, mentre la carica di vicepresidente fu affidata al già ricordato Gaetano Franchi. Pochissimi anni dopo, Hans von Bülow poté scrivere ad un suo connazionale che Brescia era «una delle città italiane più interessanti non solo dal punto di vista storico-antiquario, ma anche dal punto di vista musicale, grazie a Bazzini». Sullopera di Bazzini al Conservatorio di Milano, prima come docente di composizione poi, dal 1882, come direttore, basterà ricordare che tra i suoi allievi vi furono Alfredo Catalani e Giacomo Puccini. Sulla sua severità basterà citare unaltra lettera allamico Franchi: «Abbiamo esaminati in tre giorni circa 40 aspiranti di composizione!! Cè da morire. Credo che la gioventù diventi matta; a 20, 22, 24 anni, sapendo poco o niente, si presentano per studiare composizione. Noi esaminatori abbiamo fatto molto consumo di 5 e di 4. Multi vocati, pauci vero electi. Amen». Nuove conoscenze sulloperato del musicista bresciano potrebbero emergere dallo studio dei numerosi carteggi, tuttora inediti, che giacciono nelle biblioteche di mezza Europa. Recentemente lo storico della liuteria Eric Blot, curatore scientifico della mostra su Stefano Scarampella di prossimo allestimento a palazzo Loggia, ha trascritto con Pierre Allain e Alberto Giordano il fitto epistolario del liutaio ligure Nicolò Bianchi. Fra queste lettere il musicista bresciano è spesso nominato come «il nostro celebre sig. Bazzini», mentre Antonio Venturi, oggi conosciuto solo di nome per la storica intitolazione dellistituto musicale cittadino, è indicato come un «coltissimo dilettante di strumenti italiani». I nessi tra musica, liuteria e organizzazione concertistica erano molto stretti anche allora e potrebbero senzaltro portare alla luce molti fili nascosti della storia musicale ottocentesca.  15 ottobre 2002
Splendido duo De Angelis-Ranieri

Un ambiente appropriato e acusticamente assai buono, la hall della bella mostra di strumenti Scarampella in S. Giulia. Appropriato per il concerto conclusivo della settimana dedicata intelligentemente alla liuteria bresciana, con concerti suddivisi o mescolati tra violini e mandolini, tutti riuscitissimi e soprattutto molto frequentati. Speriamo che i nostri concittadini, e in primo luogo le autorità, si rendano conto dellimportanza di questa iniziativa atta ad attirare vieppiù lattenzione su un settore fondamentale dellattività musicale e quindi della cultura necessaria a far nascere e portare avanti una tradizione che, in fondo, dovrebbe collocare Brescia al primo posto nella storia dellartigianato artistico. Non si dimentichi, a mo di esempio, che nel 500 (così le cronache) qui nacque il violino, la voce più intima delluomo, e che in via dei Liutai (lattuale via Capriolo) vi erano infilate ben venti botteghe di liutaio comprendenti Gasparo da Salò e Maggini, mentre a Cremona, che con Amati, Guarneri e Stradivari si fagociterà il merito degli strumenti ad arco, ve nera una soltanto. Brescia, quindi, potrebbe rifiorire sulla scorta di una simile tradizione. Ma veniamo allaffollato concerto che si è svolto domenica mattina, con gente anche in piedi. Breve ma sostanzioso, si potrebbe dire, in quanto sul piccolo spazio che fungeva da palcoscenico stavano due strumentisti che non esitiamo a definire eccezionali: Francesco De Angelis, primo violino della Scala e Luca Ranieri, già prima viola della Scala ed ora prima viola dellOrchestra nazionale della Rai di Torino. Hanno suonato musiche rare come la trascrizione della «Passacaglia» di Haendel per mano di Halvorsen e il «Duetto» di Mozart in si bemolle K.452. Musiche piacevolissime, rasserenanti e suggestive, ma cariche di difficoltà esecutive non indifferenti che i due concertisti hanno risolto con una precisione ed un assieme esemplari in un dialogo forbitissimo nel quale emergevano la bellezza leggera del suono del violino e la profondità e il suono disvelante della viola. Due artisti da ricordare. Il pubblico ha festeggiato a lungo. |